martedì 14 agosto 2012

Nonluogo

Vi è mai capitato di provare un senso di tranquillità e pace in luoghi come aeroporti, stazioni o centri commerciali ?
Vi è mai capitato di apprezzare quella sensazione di appartenere ad una massa amorfa, in continuo movimento ( un movimento privo di logica ), ma comunque presente, realmente esistente ?
Probabilmente sì. D'altronde, viviamo in una società che della massa fa il proprio punto cardine.
Ma si può essere felici in certe circostanze ? O meglio, si può, almeno, provare un senso di benessere ?

A me è capitato più volte. Da anni ho pensato a questa sensazione che coinvolge, che prende l'anima e il corpo e che fa stare bene. Amo gli aeroporti, amo le stazioni, amo tutto ciò che mi collega con tanti altri esseri umani, pur in assenza di un contatto fisico o comunicativo.
Il fatto che attorno a me vi sia gente ( proprio come il sottoscritto ), in cerca di un perché ( o semplicemente occupata dai mille impegni quotidiani ) mi rende allegro e spensierato.

E' una sensazione che si assomiglia a quella del vivere quale "cittadino del mondo". 
Trovarsi in una stazione, insieme a tanta altra gente, mi ( ci ) qualifica quali cittadini del mondo. 
Anche se abbiamo percorso brevi tratte.
Il punto è che immergersi nel mondo, insieme a persone che non conosciamo, significa viverlo, significa apprezzarlo.
O forse no ? 
Magari è solo una mia impressione...

Ma come dicevo, a volte, sin dagli anni più infantili, ho provato piacere ( un piacere vero ) nell'assistere all'arrivo di autobus stracolmi, osservare la gente che giunge a destinazione e poi scompare, lasciando un senso di vuoto proprio in quel punto in cui prima il vuoto stesso era morto.
Per non parlare dell'attesa in aeroporto : da buon osservatore quale sono, ho sempre apprezzato le ore che mi separano dal volo perché è lì che si "conosce la gente".
Una conoscenza visiva ( al massimo ci si scambia qualche parola ), ma pur sempre ricca, importante per lo sviluppo umano.
E da osservatore, mi piace guardare la gente, scorgerne i comportamenti, i sorrisi, le parole.
E le fattezze, sia chiaro.

Ecco, è proprio in questi nonluoghi che scopro una parte di me spesso nascosta, assopita.
E' proprio in questi nonluoghi che vivo il mondo. 
Che vivo.
Oggi ho scoperto che quel senso di piacere ha un perché, ha una spiegazione almeno filosofica.
E' il nonluogo, e negli anni novanta ne parlava un famoso antropologo francese.

Spesso sono convinto che certe cose mi giungano alla mente per osmosi o, forse, per un meccanismo al quale non so dare una spiegazione valida.
So una cosa ( o magari la provo ) e penso di essere l'unico essere vivente a conoscerla.
Poi ne vien fuori che qualcun altro, ben più colto del sottoscritto, ha scritto libri, ha centrato la propria vita su studi attinenti a tale argomento.
E allora non so quale sentimento tra l'angoscia e il vivere il mondo prenda il sopravvento.

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