I giovani d'oggi sono
morti che camminano.
Ma non nel senso in cui un
uomo ben più colto del sottoscritto descrisse se stesso.
Pace all'anima sua.
I giovani d'oggi sono
morti dentro, dentro all'anima. Ed in fondo al cuore.
I giovani d'oggi non
hanno più alcun interesse che non vada oltre il proprio
esibizionismo.
Non tentano nemmeno
di scavalcare il muro delle difficoltà, arrampicarsi su di esso e
poter osservare la vita.
No, i giovani d'oggi non
ci provano più. Vedono quel muro, l'osservano per qualche
secondo, e poi tornano, prepotenti e attenti, ai propri cellulari.
Sono macchine. Siamo
macchine.
Macchine che possiedono un
cervello troppo piccolo per gli impulsi a cui sono sottoposte, ma
fin troppo grande per gente che ormai è morta.
Abbiamo di fronte quel
muro che tanto ci complica le cose. Quel muro che è la difficoltà.
Quel muro che, una volta superato, ci mostra, in tutta la sua
bellezza, la vita stessa.
Eppure non ce ne importa
più niente.
Un tempo, i giovani
facevano di tutto per arrampicarvisi sopra ed osservare.
Sentirsi soddisfatti di
governare quel triste e grigio ammasso di mattoni era, per loro, la
vittoria più bella che si potesse mai ottenere.
Ma oggi no, oggi la
vittoria sta nell'espressione massima di se stessi.
Un'espressione
assolutamente falsa, un'espressione che non ci assomiglia per niente,
né, per di più, ci rappresenta.
Siamo sì noi stessi, ma
nel modo in cui la società ci vede e vuole che ci mostriamo.
E' esibizionismo chiaro e
puro. E' a ciò che tutti noi puntiamo, è a ciò che tutti noi ci
rivolgiamo.
Se non ci esibiamo
d'innanzi al mondo, ci sentiamo persi, insignificanti, quasi
inesistenti.
E' proprio contro questo
esibizionismo che i giovani d'oggi devono alzarsi e protestare.
Devono alzare le teste dai
propri cellulari, dai propri aggeggi elettronici e mortali, e dire di
no, dire che non ne vale la pena.
Non vale la pena di morir
come macchine, praticamente logore e sfiancate dalle innumerevoli
fatiche che noi stessi ci creiamo e di cui il corpo non ha nemmeno
bisogno.
Sì, perché esibirsi e
raggiungere posizioni elevate costa fatica, un'enorme fatica.
E al raggiungimento
dell'apice che sarà facile ottenere ancor più successo.
Ma, fino ad allora,
l'esibizionista apprendista dovrà comportarsi come i suoi coetanei,
fare di tutto perché si assomigli ad essi ; dovrà pur parlare alla
stregua degli amichetti, per non parlare della musica : musica che è
omologata, omogenea e monotona. Una musica che accomuni questo
spicchio di società che spicchio ormai non è.
L'esibizionista
apprendista, dicevo, ha davanti a sé una sfida che è fatta di
innumerevoli fatiche. Vogliamo parlare dell'abbigliamento ? Ma è
scontato : omologato, omogeneo, monotono...
Per fortuna, la società
d'oggi, grazie anche alla globalizzazione e al capitalismo sfrenato,
ha reso possibile che tale omogeneità sembri comunque eterogenea.
Ci sono talmente tante
possibilità di apparire identici pur scegliendo il diverso.
Pensiamo alle scarpe, ad
esempio. Sono tutte uguali, eppur allo stesso tempo diverse.
Per questo, se parlerete
con un esibizionista apprendista, gli sentirete dire che no, lui non
ha scelto quelle scarpe per imitare qualcun altro, ma solo per
“virtù” propria.
E' la vittoria della
società, tutto ciò. E' la vittoria delle mille sfaccettature (
tutte omogenee, ovviamente ) di cui è composto il mondo d'oggi.
Per questo, anche se
apparentemente diversi, questi esibizionisti, in fin dei conti, sono
tutti uguali.
E quale dramma, quale
tristezza l'osservare come questi esseri non s'accorgano di quanto
siano identici.
Ma come fanno a non
vedersi ? Come fanno a veder oltre ?
Li vedi in faccia e sono
tutti uguali. I capelli, altrettanto.
Sbirci gli sguardi che
escono da quegli aggeggi fotografici, e non puoi che scuotere la
testa, rinnegare l'evoluzione umana.
Sono tutti uguali, tutti
identici.
Eppure no, per loro non è
affatto così. Ogni componente esibizionista è diverso dall'altro.
E allora sapete che vi
dico ?
Che è vero, è tutto
vero. Siete diversi, siete dei poeti della diversità,
dell'eterogeneità.
Certo, siete poeti
materiali, poiché di cose false e non immortali vi circondate
l'anima e la vostra stessa vita.
Ma, sarà, questa è una
nuova tecnica priva di versi.
Sì, siete poeti del
diverso. Quel diverso che non vi appartiene, poiché è proprio alle
sfaccettature omo-eterogenee del mondo a cui vi appellate che vi
riempite l'orgoglio vuoto.
Proprio come le vostre
anime.
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